Che cos’è la ghisa sferoidale austemperata (ADI) e come si ottiene

Le ghise sferoidali austemperate sono materiali ferrosi in forma di getto di fonderia, caratterizzati dal fatto di possedere una matrice ferrosa ausferritica.

Si ottengono mediante un trattamento termico essenzialmente costituito da una fase di austenitizzazione, seguito da una fase di tempra isotermica a una temperatura maggiore rispetto alla temperatura di inizio della trasformazione martensitica (nota anche come “Martensite start”, o “Ms”).

Caratteristiche microstrutturali della ghisa sferoidale austemperata (ADI)

La microstruttura delle ghise sferoidali austemperate è costituita da una matrice ferrosa nella quale sono distribuiti noduli grafitici.

Un’altra importante differenza rispetto a un acciaio è l’elevato contenuto di silicio, necessario per conferire al carbonio la diffusività atta a prevenire, nella fase di solidificazione, la formazione di strutture indesiderate come i carburi.

Le due caratteristiche, noduli e silicio, determinano la differenza di comportamento meccanico rispetto a una struttura di acciaio, priva di discontinuità distribuite e caratterizzata da contenuti di silicio tipicamente più bassi.

All’atto della colata, carbonio e silicio agiscono favorevolmente abbassando sensibilmente la temperatura di fusione, consentendo l’ottenimento di getti sani con maggiore facilità rispetto ad un corrispondente getto in acciaio.

Ghise sferoidali austemperate

ADI1050-6 – Matrice Ausferritica (x500).

Caratteristiche meccaniche della ghisa sferoidale austemperata (ADI)

Le caratteristiche meccaniche della ghisa sferoidale dipendono da una serie di fattori. Nella prova di trazione quasi-statica (ISO 6892-1), la resistenza massima RM e la tensione di scostamento dalla proporzionalità Rp0,2 è dovuta essenzialmente dalla temperatura di tempra isotermica, mentre l’allungamento a rottura A5 dipende, oltre che da detta temperatura, anche dagli altri parametri del trattamento termico (temperatura di austenitizzazione, tempo di austenitizzazione, tempo di mantenimento alla temperatura isoterma), oltre che dalla composizione chimica, nodularità e, più in generale, dalla qualità dei processi di ottenimento dei getti e del trattamento termico.

La resilienza (ISO 148.1) a temperatura ambiente ed alle basse temperature è ancora più sensibile ai citati fattori.

Table 1 – Proprietà statiche

Table 2 – Resilienza provetta senza intaglio

I vantaggi delle ghise ADI rispetto agli acciai e alle ghise tradizionali

Le ghise sferoidale austemperate (ADI) presentano numerosi vantaggi rispetto agli acciai e alle ghise tradizionali. Ne riassumiamo i principali:

  • Forma: più la forma è complessa, maggiore è il vantaggio di usare un getto di fonderia anziché un forgiato e/o saldato. Tutte le ghise, infatti, hanno una migliore capacità di riempimento della forma dello stampo (questa proprietà è nota anche come “colabilità”), rispetto agli acciai fusi, permettendo così di ottenere forme geometriche più complesse anche rispetto ai componenti forgiati, per i quali è richiesto invece l’uso di appositi macchinari (forge) per ottenere la forma finale del getto, con ulteriori limiti alla libertà progettuale;
  • Numerosità per lotto di produzione: più bassa è la numerosità, anche con getti di forma semplice, maggiore è il vantaggio di usare un getto di fonderia e/o una struttura saldata rispetto ad un forgiato;
  • Spessore: le caratteristiche meccaniche del materiale ADI sono tanto migliori quanto più basso è lo spessore del getto (come accade in generale per tutti i materiali di fusione). Oltre un certo spessore, e/o in presenza di importanti disuniformità di spessore nello stesso getto, potrebbe essere conveniente considerare il materiale IDI anziché ADI;
  • Riduzione di peso: utilizzando le ADI, è possibile ottenere vantaggiose riduzioni di peso, grazie alla libertà di disegno caratteristica dei getti, alle proprietà meccaniche e alla densità del materiale (7.2 kg/dm3 rispetto a 7.8 kg/dm3 dell’acciaio);
  • Resistenza all’usura: la frazione austenitica dell’ausferrite, ancorché stabilizzata dal carbonio, è suscettibile di trasformazione locale in martensite, in forma di aghi isolati distribuiti all’interno di una matrice non trasformata, quando la sollecitazione meccanica applicata supera un valore di soglia (effetto PITRAM/SITRAM Pressure/Stress Induced Transformation of Residual Austenite into Martensite). Questo fenomeno permette di sfruttare una naturale attitudine del materiale nella resistenza ad usura, la quale si può essenzialmente manifestare attraverso due distinti meccanismi : con il “Mechanically Mixed Layer”, nei gradi a minor durezza, oppure con la resistenza all’usura abrasiva nei gradi con maggiore durezza (download Infosheet 2 Material Properties revisionato da MST come da Usura_2022_06_12 ZFR – ADI wear grades). La trasformazione qui descritta è altra cosa rispetto alla trasformazione massiva dell’austenite residua temuta negli acciai e causa di potenziali criccature;
  • Smorzamento delle vibrazioni: tutti i materiali contenenti fase gamma (cubica a facce centrate, austenite), offrono una capacità di smorzamento delle vibrazioni (damping) superiore ai corrispondenti materiali costituiti da sola fase alfa (cubica a corpo centrato, ferrite/perlite);
  • Comportamento alle basse temperature: tutti i materiali contenenti fase gamma presentano un favorevole comportamento alle basse temperature (evidente nella prova di resilienza) migliore dei corrispondenti materiali costituiti da sola fase alfa;

Le caratteristiche meccaniche delle ghise ADI sono confrontabili con quelle degli acciai bonificati, considerando un’importante limitazione: nella prova di trazione, la rottura delle ADI avviene in prossimità del carico massimo Rm, tipicamente senza un tratto successivo di pronunciata strizione. La differenza nel compimento dei moti dislocativi nella fase di collasso compare anche nella prova di resilienza, limitando l’assorbimento di energia nelle ghise ADI rispetto agli acciai che, sulle superfici esterne della provetta, possono utilizzare efficacemente la condizione di “plane stress” ai bordi (shear lips advantage). Questa differenza non ha effetto nel comportamento a fatica, né nella prova di tenacità alla frattura in vero “plane strain”, ovvero in tutte le condizioni di funzionamento in regime lineare elastico. La differenza ricompare, oltre che nella prova di trazione, anche in meccanica della frattura quando, come frequentemente accade, la condizione di sollecitazione prevalente è di “plane stress” e non di “plane strain”.

Applicazioni industriali delle ghise sferoidali austemperate (ADI)

Le ghise sferoidali austemperate (ADI) grazie alla loro proprietà meccaniche trovano spazio oggi in svariati settori di mercato che differiscono anche molto tra di loro come requisiti tecnici e condizioni di utilizzo.

Le ghise ADI trovano oggi molto spazio nel settore industriale per la realizzazione di getti ad alte prestazioni per i sistemi di trasmissione e i riduttori epicicloidali (portasatelliti a un piano, portasatelliti a due piani, portasatelliti a tre piani, corpi riduttori, scatole differenziali e ingranaggi sono sempre più comuni).

Nel mondo industriale si sono sviluppate negli ultimi anni applicazioni in ADI anche per veicoli come i carrelli elevatori e i sollevatori telescopici così come per gli impianti di imballaggio.

I componenti in ADI per i riduttori epicicloidali sono oggi sempre più diffusi anche nel settore energetico per la realizzazione soprattutto di impianti eolici.

Nel settore automotive, dei veicoli off-road e dei veicoli on-road vengono realizzati in ADI componenti per i sistemi di sospensione e per gli assali (ci sono sempre più esempio di bracci sospensione superiori, i bracci sospensioni inferiori, fusi a snodo, scatole differenziali e semiscatole differenziali) non mancano poi componenti per il motore (come ad esempio l’albero motore per veicoli off-road).

Le ghise ADI trovano applicazione anche nel settore del movimento terra, tipicamente per la realizzazione di componenti per il sottocarro (come per le ruote motrici) e nel settore agricolo dove le applicazioni in ADI trovano spazio nei sistemi di aggancio (ganci e attacchi rapidi), negli utensili (come le lame sramatrici per impieghi forestali) ma anche nei sistemi di sospensione, nel sottocarro e negli assali (assali cingolo, bracci di sospensione e fusi a snodo).

Viste l’interessante resistenza delle ghise ADI in condizioni di usura, i gradi più duri delle ghise ADI (ADI1200, ADI1400 e ADI1600) sono presenti anche nel settore minerario e dell’edilizia con componenti per sistemi di frantumazione e di macinazione (corazze e martelli sono tra i componenti più diffusi).

Nel settore ferroviario non mancano infine componenti in ADI per i carrelli ferroviari, i sistemi frenanti e gli scambi ferroviari.

Questa versatilità è possibile solo grazie alle eccellenti e uniche proprietà meccaniche delle ghise sferoidali austemperate (ADI) che portano questi materiali a confrontarsi, spesso in maniera vincente, rispetto agli acciai da costruzione, materiali resistenti all’usura (anche trattati superficialmente) e alle tradizionali ghise sferoidali.

Norme di riferimento per le ghise ADI

Le principali norme di riferimento per le ghise ADI sono le seguenti:

  • ISO 17804 (simile EN 1564)
  • ASTM A897
  • SAE J2477

La classificazione dei gradi è simile in tutte e tre le norme.

La principale differenza tra le ISO/EN e le americane ASTM/SAE consiste nell’adozione della metrica A4 delle americane in luogo della A5 adottata nelle ISO/EN. Le americane misurano l’allungamento a rottura su una lunghezza del tratto utile prima della prova pari a 4 volte il diametro, mentre le ISO/EN lo misurano su un tratto utile pari a 5 volte il diametro.

A parità di materiale, l’allungamento percentuale americano è maggiore rispetto a ISO/EN, come evidenziato nella ISO 17804 Annex B.

Altra evidenza da segnalare è il grado SAE AD 750, non presente nelle altre norme, il quale esplicitamente descrive questo grado come intercritico con presenza di ferrite proeutettoidica (vedi SAE J2477 5.1.1).

Per maggior informazione, riportiamo da ISO 17804

Spessore del getto e contenuto di leganti nelle ghise sferoidali austemperate (ADI)

Tra i requisiti di base delle ghise sferoidali austemperate (ADI) rientrano lo spessore del getto e il contenuto di leganti presenti: ognuno di questi fattori esercita una certa influenza sul materiale.

Il trattamento termico di austempering, infatti, richiede che la curva di raffreddamento in ciascun punto del getto non attraversi il naso perlitico delle curve CCT.

La curva di raffreddamento è fisicamente in relazione con lo spessore del getto e, strumentalmente, con la robustezza dell’impianto di trattamento.

Le curve CCT dipendono dal materiale, essenzialmente dalla nodularità (anch’essa dipendente dallo spessore) e dai leganti aggiunti.

A parità di impianto, maggiore è lo spessore del getto, più importante deve essere l’aggiunta dei leganti.

Per uno stesso spessore possono essere scelte differenti miscele di leganti che, in combinazione con la temperatura di austenitizzazione, determinano uno stesso effetto nello spostamento delle curve CCT, necessario per evitare il naso perlitico.

La scelta delle miscele e la loro combinazione con la temperatura di austenitizzazione hanno però un importante effetto sulla finale trasformazione ausferritica.

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