Proprietà delle ghise sferoidali austemperate e isotermate

Ghise sferoidali: caratteristiche meccaniche

Le ghise sferoidali sono materiali per impiego strutturale che presentano interessanti proprietà meccaniche. Il processo di fonderia grazie al quale si ottengono permette di ottenere componenti anche di geometria complessa e con spessori minimi prossimi a quelli di progetto (net-to-shape).
Un notevole miglioramento delle proprietà meccaniche può essere ottenuto ricorrendo al trattamento termico di tempra in sali fusi.

Una prima possibilità consiste nell’ottenere microstrutture ausferritiche sottoponendo a trattamento termico di austempering ghise perlitiche con adeguato contenuto di leganti (C, Mn, Cu, Ni, Mo), dettato dallo spessore significativo del getto. I parametri di trattamento, la cui scelta è guidata dal contenuto di leganti, possono essere gestiti allo scopo di ottimizzare le caratteristiche meccaniche statiche, piuttosto che la resistenza a fatica o ad usura.

Le ghise sferoidali austemperate (ADI) rappresentano, pertanto, un’alternativa agli acciai strutturali forgiati o saldati in alcune applicazioni, anche molto gravose, come: sistemi sospensione, alberi motore, bielle e trasmissioni.

Se invece austenitizziamo nell’intervallo intercritico AC1-AC3 una ghisa sferoidale ferritica non legata, solo una frazione di matrice ferritica si trasformerà in austenite. Con la successiva tempra in bagno di sali, l’austenite di partenza evolverà in perlite mentre la frazione di matrice rimanente sarà costituita da ferrite proeutettoide.

La struttura così formata viene detta “perferritica” ed è caratteristica della ghisa IDI. Sebbene il trattamento termico sia molto simile a quello di austempering, la ghisa IDI è sostanzialmente differente dalle ghise sferoidali austemperate intercritiche (IADI): per la ghisa IDI l’azione del bagno di sali è solo quella di incrementare la velocità di raffreddamento per imporre una rapida trasformazione dell’austenite in perlite al di sopra della temperatura di martensite start.

Le proprietà della ghisa IDI sono quindi paragonabili a quelle delle ghise sferoidali perlitico-ferritiche e non a quelle delle ADI. Il principale vantaggio delle ghise IDI rispetto alle ghise sferoidali perlitico-ferritiche convenzionali risiede nella nuova struttura perferritica: la bassa mobilità del carbonio ad elevate velocità di raffreddamento produce una matrice perlitico-ferritica di tipo interconnesso e non la classica ad occhio di bue, caratteristica che si traduce in un aumento di resistenza meccanica accoppiata, grazie alla presenza di una importante quantità di ferrite proeutettoide, ad una più elevata duttilità.

Proprietà a fatica delle ghise ADI e IDI

Come conseguenza della diffusione delle applicazioni strutturali che impiegano tali materiali, è stata condotta una vasta attività sperimentale per la caratterizzazione a fatica al fine di sviluppare modelli di progettazione specifici.
In generale, la risposta alle sollecitazioni cicliche delle ghise austemperate dipende dalla composizione chimica, dai parametri di trattamento termico, dalla geometria del componente (presenza di intagli e spessore), dallo stato superficiale (grezzo o lavorato).

Rimandando maggiori dettagli ai paragrafi successivi, è noto che la resistenza a fatica è guidata sostanzialmente dalla durezza della matrice del materiale: la resistenza a fatica aumenta al crescere della durezza fino a raggiungere un picco per durezza brinell HBW attorno a 380 (circa HV30 400).

Tra le ghise ADI, il materiale che rappresenta il miglior compromesso tra resistenza a fatica e statica è l’ADI 1050: si ottiene austenitizzando al di sopra dell’intervallo critico AC1-AC3 e temprando in sali rimanendo al di sopra del naso ausferritico (da cui la definizione di Upper ADI). Tale grado ADI presenta anche buone resistenze a usura, all’impatto e lavorabilità.

Puntando ai gradi più bassi, ovvero ADI 800 e ADI 900, migliorano resistenza all’impatto e lavorabilità a scapito di resistenza a fatica, statica e a usura diminuite. Spostandosi invece al grado ADI 1200, ottenuta temprando al di sotto del naso ausferritico (da cui la definizione lower ADI) e che rappresenta il limite superiore per le applicazioni strutturali a fatica, si privilegiano resistenza statica e a usura rinunciando ad una quota di resistenza a fatica, all’impatto e lavorabilità.

Gradi ancora più elevati tra le lower ADI, ovvero ADI 1400 e ADI 1600, sono rivolti principalmente ad applicazioni in cui la resistenza a usura è il requisito prevalente.

Per quanto concerne la ghisa IDI, essa presenta una resistenza a fatica comparabile con quella di una ghisa perlitico-ferritica di pari durezza. Tuttavia, data l’assenza di elementi perlitizzanti in lega, è possibile ottenere uniformità della matrice perferritica al variare dello spessore di parete. Come descritto in precedenza, a parità di durezza e resistenza statica di una ghisa perlitico-ferritica convenzionale, offre una più elevata resistenza all’impatto.

Va considerato che entrambe le classi di materiali, essendo ottenuti mediante trattamento termico, presentano un limite di utilizzo alle alte temperature: le ghise ADI sono sostanzialmente limitate a temperature indicativamente non superiori a quelle di austempering (quindi differenti a seconda del grado ADI considerato); le ghise IDI, presentando una matrice perlitico-ferritica, sono limitate a temperature non superiori all’eutettoide che consegue all’elevata velocità di raffreddamento imposta dalla tempra in bagno di sali.

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